1. ex motu
"Tutto ciò che si muove è mosso da un altro. Non si può procedere all’infinito e dunque bisogna arrivare a un primo motore che chiamiamo Dio."
Ma avremmo potuto chiamarlo Alberto.
I dubbi sul perché non si possa procedere all’infinito, poi, vengono dissipati dal seguente esempio:
Tommaso: tu sei un uomo buono, Guglielmo. Dico bene?
Guglielmo: ti ringrazio.
Tommaso: ma tuo cugino Abelardo lo è più di te, giusto?
Guglielmo: sì, è vero.
Tommaso: e qualcun altro lo sarà più di lui.
Guglielmo: è probabile.
Tommaso: ma non possiamo procedere all’infinito.
Guglielmo: ah, no?
Tommaso: no, guarda, devo andare a prendere la bambina a scuola, tra poco.
Gugliemo: ah, scusa. Allora non possiamo.
Tommaso: magari la prossima volta.
Gugliemo: ma sì.
Tommaso: allora questo lo chiamiamo Dio.
Guglielmo: magistrale.
2. ex causa
"Ogni effetto ha bisogno di una causa. Ma procedere all’infinito equivale ad eliminare la prima causa efficiente. Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio."
Cioè: è uguale.
Ha sostituito alla parola motore la parola causa e poi basta. Ma questo è quello che succede quando cerchi di applicare un metodo scientifico a una questione metafisica, che è come chiudere in un cassetto un coltello e una melanzana e aspettare che questa si sbucci da sola.
Ripeto anch’io, quindi, la medesima confutazione, sostituendo alla parola motore la parola causa e alla parola Dio la parola – uhm - carrucola.
3. ex contingentia
"Alcune cose nascono e finiscono, il che vuol dire che possono essere o non essere. Ora è impossibile che cose di tal natura siano sempre state… [eccetera. E, indovina un po’?] non si può procedere all’infinito [voilà]. Dunque, bisogna concludere all'esistenza di un essere che sia di per sé necessario e questo tutti dicono Dio."
Ormai il metodo è chiaro e, pensandoci, non è affatto difficile dimostrare l’esistenza di Dio (potete provare anche a casa. Basta una penna, un foglio, un po’ di colla e un totale disprezzo per la logica), è sufficiente seguire lo schema tommasiano ovvietà + non si può procedere all’infinito + tutti lo chiamano Dio.
Esempio: prima del martedì c’è il lunedì e prima del lunedì c’è la domenica e prima della domenica il sabato, ma visto che non si può procedere all’infinito, Dio.
È facile.
4. ex gradu
"Ciò che è massimo in un dato genere è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo al massimo, è cagione di ogni calore. Dunque vi è qualche cosa che per tutti gli enti è causa dell'essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo [Aristotele? Vercingetorige? Banana? Macché] Dio."
La quarta via fa tenerezza, quindi soprassiedo. Il lettore noterà la sparizione del ‘non si può procedere all’infinito’. Sembra che questo sia dipeso da un diverbio avuto con l’amico Guglielmo
Tommaso: dopo il 2 c’è il 3 e dopo il 3 c’è il 4.
Guglielmo: sì.
Tommaso: e dopo il 4 c’è il 5. Ma non si può procedere all’infinito, quindi…
Gugliemo: veramente sì.
Tommaso: come dici?
Gugliemo: veramente sì può procedere all’infinito.
Tommaso: non era previsto che avessi opinioni.
Guglielmo: beh. Comunque si può.
Tommaso: ma poi tu muori, giusto?
Guglielmo: ehm, sì.
Tommaso: ecco. E questo lo chiamiamo Dio.
5. ex fine (speriamo)
"Alcune cose, le quali sono prive di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine. Ora, ciò che è privo d'intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo ed intelligente, come la freccia dell'arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente [prima o poi], dal quale tutte le cose naturali sono ordinate a un fine: e quest'essere chiamiamo Dio."
È facile dire che i corpi fisici operano per un fine, visto che i corpi fisici non ti possono rispondere. Tommaso applica quindi il principio del silenzio assenso agli oggetti inanimati, che è un po’ come se fosse andato da un sasso e gli avesse detto:
Tommaso: senti, sasso: operi per un fine?
Sasso:
Tommaso: posso arguire da questo tuo silenzio che operi per un fine?
Sasso:
Tommaso: lo prendo per un sì.
Sasso:
Tommaso: Bene. Faccio ancora una prova con quell’albero e poi basta.
Tommaso, inoltre, fa l’esempio della freccia, confondendo il fine con la direzione. Io potrei prendere un arco e una freccia e tirarla a casaccio, no? Sarei causa del movimento della freccia, è vero, ma questo non direbbe nulla sulla mia natura (se non che ho un sacco di tempo libero). Io stesso, poi, sarei freccia scoccata, e così - potendo procedere all’infinito - all’infinito. Non è che quando sono stanco mi fermo e la prima cosa che vedo la chiamo Dio:
Tommaso: capisci che non si può procedere nelle cause all’infinito, no?
Guglielmo: già.
Tommaso, per cui deve esserci un primo motore.
Guglielmo: mi pare proprio di sì, Tommaso.
(entra un cane)
Tommaso: e questo lo chiamiamo Dio.
Guglielmo: ah, ma che bello. Che razza è?
Tommaso: è un bassotto.
Dio: Uof!
Guglielmo: proprio bello. Beh, dicevi? Il primo motore…
Tommaso: niente, avevo finito.
Nessun commento:
Posta un commento