mercoledì 18 novembre 2009

Equilibrio

E alla fine torno immancabilmente davanti a questi tasti. Il 'foglio' bianco non vuole saperne di restare bianco. Dapprima avevo pensato di scrivere questo pensiero in modo impersonale, ma ogni scelta è figlia di uno stato interiore, ed oggi sento di aver riacquistato il mio 'io'. E così eccomi qui a scrivere in prima persona un altro scarabocchio, un altro parto della mia mente poco lucida ma florida di idee.

Oggi vorrei scrivere del cambiamento.
(in realtà con oggi intendo un bel pò di giorni, ma in questo istante ho le idee abbastanza poco confuse da riuscire ad esprimere un pensiero quantomeno intelligibile)

Forse questo argomento è già stato oggetto di qualche breve scritto negli ultimi mesi, ma si sa, la visione del mondo cambia rapidamente, tanto più a cavallo di una rivoluzione. Forse quei pensieri sono stati troppo influenzati dall'euforia legata all'inizio di una nuova 'avventura'; e forse questo sarà troppo influenzato da quell'euforia disattesa.
Credo però che ogni punto di vista valga la pena di essere riportato, e perchè no, preso in considerazione. Si sa, non si può conoscere la verità universale, solo tanti suoi frammenti.
 Bè, basta coi preamboli, e passiamo al dunque.

La mia domanda odierna è: cosa ci spinge al cambiamento? Cosa, cioè, ci spinge a lasciare una situazione che conosciamo per una di cui non sappiamo assolutamente nulla?

Ultimamente mi sono interrogato moltissimo su questo e oggi voglio scrivere la risposta che mi sono dato. Diciamo subito che si tratta di una risposta 'fluida', visto che nè pretendo, nè mi aspetto, di aver risposto definitivamente e completamente alla domanda per cui mi aspetto che questa risposta sarà oggetto di continue e forse infinite revisioni.

Il cambiamento indica uno stato di insoddisfazione. Un malessere, più o meno conscio che ci porta a non sopportare più la situazione in cui ci troviamo. Citando rapidamente un capolavoro  cinematografico e uno letterario, è la domanda che ci perseguita: che cosa c'è oltre la siepe? Molti di noi non hanno la curiosità o l'attenzione per porsi questa domanda, ma ci sono alcuni per cui questo quesito diventa un'ossessione. Ed ahimè (o per fortuna) io sono tra questi.
Quest'ossessione ci porta a fare scelte che possono essere dolorose, scelte dettate dall'accumulo di un'energia potenziale che prima o poi rompe l'equilibrio più o meno stabile in cui ci troviamo. E quando l'equilibrio è rotto, prima di raggiungere un nuovo equilibrio, magari più stabile, c'è il caos. Spesso la natura è governata dal caos, o da quell'insieme di fenomeni troppo complessi da comprendere che quella parola sottintende. E spesso il caos, soprattutto per menti abituate a voler spiegare tutto, a voler piegare tutto alla ragione, causa molti, se non troppi problemi.

Serve trovare un'equilibrio nel caos, un equilibrio mentale che accetti l'idea del caos come parte imprescidibile di ogni cambiamento. Tantopiù se si parte da una situazione tanto stabile per cui è stata necessaria una grande energia potenziale per spezzare l'equilibrio.

Oggi credo, o meglio spero, di aver trovato questo equilibrio mentale; se così fosse è anche grazie ad un principio che mi ha fatto riflettere e che da qualche giorno ho ritrovato dopo tanto tempo: "il tutto è più della somma delle sue parti". Ci si può spiegare ogni cosa della rivoluzione, ma la somma risulterà diversa, e forse troppo complessa da capire. Bisogna accettare di non capire alcune cose, accettare che al più sarà il tempo a districare la matassa, a sbrogliare i nodi, magari cercando di afferrarsi a qualcosa per non perdere completamente l'orientamento, ricordarsi di chi siamo, e di cosa vogliamo.

Ecco, questi sono i miei pensieri. Come sempre li condivido con chi ha voglia di leggerli.

Luca.

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